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SULLE CITTÀ
 
di Joao Nunes
 
 
PER UNA LETTURA SIMBOLICA DELLA CITTÀ
di Dario Vivian
VICENZA - UNA NUOVA DIMENSIONE URBANA
di Cino Zucchi
SULLE CITTÀ
di Joao Nunes
SUL WORKSHOP
di Flavio Albanese
 
biografie
Flavio Albanese
Luis Mansilla
Joao Nunes
Werner Tscholl
Cino Zucchi
 
 

 

 
 
 
Le cittá sono reti complesse di relazioni e, ancor prima di essere agglomerati di case e strade, piuttosto che la strutturata rete delle loro parti fisiche e materiali, consistono e si giustificano a partire dalla volontá delle persone di incontrarsi, di stare insieme per scambiare cose, idee, esperienze, saperi; esse sono generate cioè dall’esigenza, espressa con profonda convinzione, di trovarsi, o di incontrarsi perché lí si incrociano i percorsi degli uomini e delle donne e, perció, in quel punto si fissano i momenti dell’incontro.

Le cittá
sono momenti di incontro (o magari soltanto momenti del desiderio di incontro) materializzatisi sotto forma di muri, strade, case, luci, piazze, sale, stanze, fiere, teatri, fontane, bagni, terme ... Esse rappresentano la costruzione dello scenario che si definisce come propiziatore dell’incontro, e del risultato costruttivo dell’incontro medesimo. Le cittá sono fatte del tempo dell’incontro e del tempo che lo anticipa.

Le cittá, dunque, sono fatte di tempo, ancor prima che di spazio, e scolpite nel tempo. Paesaggi dalla dinamica velocissima, le cittá crescono e decrescono in complessitá e numero di abitanti, estendendosi su superfici che vengono riempite di segnali, che si relazionano in modo piú o meno complesso con altri segnali preesistenti. Le cittá sono piattaforme di raccolta dei segnali delle relazioni che le hanno determinate. E ci sono segnali costantemente nuovi che marcano relazioni costantemente diverse.

Le cittá nascono, crescono, maturano, invecchiano, ringiovaniscono, decrescono e muoiono; sono frutto del caso, o di gesti straordinariamente premeditati e accuratamente pianificati, e racchiudono in sé il meraviglioso e l’abominevole, l’ordine e il caos, tutto e il contrario di tutto. Le cittá si sovrappongono lentamente ai territori che le precedono, tentando di cancellare o di conservare i segnali fondamentali della loro organizzazione. Le cittá si trasformano sempre, strumenti dell’incontro e del modo di incontrarsi e, in questa trasformazione, rivelano, a volte piú a volte meno, il loro passato – geologico, zoologico, idrografico – ravvivando strati sempre presenti o sotterrandoli con raddoppiata convinzione. Le cittá non possono smettere di essere pensate in modo dinamico, attraverso metodologie capaci di contenere, oltre all’intensitá della fiducia cieca e alla profonditá di convinzione nella direzione della trasformazione, anche l’esitazione, l’errore, il tentativo, il ripensamento.

Le cittá sono fatte di affermazione, di convinzione, dei marchi e dei segni di tale convinzione, ma anche della loro assenza, di spazi intermedi, di silenzi, di vuoti, di spazi di riserva lasciati in attesa, perché sia possibile ricevere l’iscrizione del futuro, delle convinzioni future e dei loro segni.

Vicenza
vive nella complessitá dei suoi problemi di cittá, aggravatisi in problemi di cittá ricca e, perció, ricercata come chimera dalle migliaia di poveri che, di fatto, la cercano senza trovarla. Vicenza stessa é alla ricerca di sé stessa, convinta dell’esistenza di altri valori che non siano l’accumulazione di ricchezza, di ragioni altre che non siano quelle di alloggiare chi lavora per una miseria. Essa vacilla nello stretto spazio che media tra l’inevitabile trasformazione perché i tempi cambiano, e la trasformazione che abbiamo voluto innescare perché i tempi cambiassero.

Le cittá rivelano l’accumulazione di segnali nel corso del tempo, e la sovrapposizione di tali segnali, con maggiore nitidezza e intensitá di qualsiasi altro territorio di trasformazione. E la durata di tali segnali é proporzionale alla convinzione che presiede al gesto che imprime il segnale.

Nelle cittá
, la quantitá di informazioni accumulate e la velocitá con cui essa diventa obsoleta sono enormi, ma rispetto ad altri territori costruiti – come ad esempio quello agricolo – la convinzione che accompagna ogni gesto, in ogni momento, é molto grande. E di conseguenza altrettando lunga è la permanenza dei segni; perlomeno, i segni sono meno effimeri che in altri sistemi di trasformazione, o semplicemente si materializzano attraverso l’utilizzo di materiali piú duraturi. Eppure allo stesso tempo, e per quanto possa sembrare paradossale, la durata di questi segni é meno persistente di quanto avvenga nel territorio agricolo. Analizzando le cittá contemporanee, attraverso la rete di vincoli e protezioni che negli ultimi decenni si é sviluppata rispetto ai segnali del passato, troviamo una porzione fisica della cittá caratterizzata da una grande immobilitá, e un’altra caratterizzata da una grande dinamicitá. Dal momento che i processi di crescita spaziale seguono una logica centrifuga, le zone di maggiore immobilitá si situano generalmente nel centro, mentre quelle di maggior dinamicitá si trovano nella periferia. La periferia puó essere definita come un territorio urbano senza maturitá, una sorta di cittá adolescente, incapace e priva di conoscenze sulle relazioni che, una volta giunta alla maturitá, dovrá per forza di cose e per necessitá di armonia imparare a stabilire.

Ma un’analisi piú dettagliata dell’immobilitá urbana, ossia della durata dei segnali nell’ambito urbano, ci fa capire che un maggiore carattere di permanenza coincide proprio con quelle parti apparentemente meno compromesse fisicamente: le zone verdi.

Questa resistenza
alle trasformazioni deriva non tanto dalla durata fisica dei materiali, dal momento che nel loro caso la cancellazione dei segnali sarebbe facile, ma dalla relazione che le persone stabiliscono con quegli spazi e quei luoghi: relazioni di affetto, relazioni di carattere emotivo.

Ció significa, in definitiva, che ripensare una cittá a partire dalla sua struttura del verde corrisponde a incardinarla su ció che essa contiene di piú definitivo, di piú duraturo, di meno condizionato da circostanze, occasionalitá e accidentalitá.
 
 
 
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