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Omaggio a Palladio
 
Strategie del mostrare
 
20 e più anni
di allestimenti
nella Basilica Palladiana
 
di Sergio Polano
 
 
Nell’arco dell’ultimo ventennio, la Basilica Palladiana di Vicenza ha ospitato una serie di mostre di architettura, significative non solo per i soggetti monograficamente trattati, ma anche per l’originale atteggiamento allestitivo. L’insigne fabbrica, del resto, non era nuova a manifestazioni espositive, variamente appropriate e congrue, nella sua storia moderna. In particolare, la serie di esposizioni che questa mostra documenta ha avuto un puntuale precedente nella mostra palladiana del 1973. Ordinata e organizzata dal Centro internazionale di studi di architettura, la mostra del Palladio venne allora affidata alle esperte mani di Franco Albini, Franca Helg e Antonio Piva. L’ipotesi messa a punto dai progettisti in tale occasione affrontava la medesima duplice questione con cui si misureranno anche le mostre dell’ultimo ventennio: esporre le opere di un architetto, interpretando una consonanza di pathos, e, allo stesso tempo, confrontarsi con il monumentale invaso della Basilica, attivandone una più o meno empatica valorizzazione.
In più, a rendere ancor più interessante e peculiare la questione, nella sequenza di manifestazioni promosse dall’associazione Abacoarchitettura fin dal 1986, saranno quasi sempre gli stessi architetti in mostra a scegliere il cosa e il come, selezionando i materiali espositivi e disegnandone l’allestimento, in un originale e pressoché unico esperimento di verifica delle plurali potenzialità di un luogo monumentale.
Il primo aspetto – il metter in mostra l’architettura – è notoriamente una delle equazioni più complesse da risolvere in materia allestitiva, non fosse altro per l’assenza paradossale delle opere (beni immobili per definizione), a differenza di quanto accade normalmente per altri tipi di esposizioni. Questo dato intrinseco alla questione è naturalmente stemperato dal ricorso, comunque imprescindibile, alla documentazione – in primis, grafica – del processo progettuale ed è compensato dai vari surrogati (spesso documenti anch’essi) della presenza delle opere: modelli, fotografie, diaproiezioni, filmati, rendering animati e simili.
Il secondo aspetto – il confronto con il contesto del “contenitore” – non è altro che uno dei tre aspetti essenziali di ogni progetto espositivo, la triade: opere da, luogo ove, sistema con cui “mostrare”. Allestendo si tessono comunque relazioni con uno spazio che accoglie, include, ospita; relazioni che variamente possono negare, nascondere, celare, occludere, velare il “contenitore”, tanto quanto tentare di leggerlo, commentarlo, evidenziarlo, includerlo ma anche provarsi a deformarlo, modificarlo, straniarlo. Un allestimento infatti non può non misurarsi con lo spazio in cui deve dispiegare i propri dispositivi, i propri artifici progettuali, architettando più o meno temporanee aggregazioni di oggetti, attraverso selettivi strumenti di mostrazione. L’aulica spazialità della Basilica costringe, nella fattispecie, a un difficile e problematico confronto (talora creativamente improprio) con la storia, peculiare della più avvertita ricerca progettuale italiana, quale portato delle vicende secolari e del ruolo urbano dell’edificio. L’imponenza stessa delle dimensioni interne della sala dei Cinquecento (circa 25 m di altezza, su una pianta non perfettamente ortogonale di 54 x 21 m) può risultare condizionante e persino soverchiante, se non si istituiscono forme di dialogo – anche estreme, quale il silenzio – con quanto vi interviene e interagisce, sia pur provvisoriamente…
   
 

 

 
 
Omaggio a Palladio
 
18 allestimenti
per la Basilica Palladiana

progetti di
Mario Botta - Renzo Piano - Gino Valle - Gianugo Polesello - Tadao Ando - Gabetti & Isola – Frank O.Gehry - Sverre Fehn - Oswald Mathias Ungers - Alvaro Siza - Franco Purini - Toyo Ito - Steven Holl – Francesco Venezia - Alberto Campo Baeza - Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa SANAA – Eduardo Souto de Moura

   
 
Allestimenti
tra le quinte di Palladio
 
di Francesco Dal Co
A partire dal 1973, quando uno dei massimi allestitori del Novecento, Franco Albini (con Franca Helg e Antonio Piva), vi presentò una celebre mostra...
 
 
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